Rianimatore premiato per poesia in dialetto su sofferenza malati Covid

Si intitola “Sfiatète” la commovente poesia scritta in dialetto ortonese da Luca Di Tizio, anestesista e rianimatore all’Ospedale clinicizzato Ss. Annunziata di Chieti. Il medico sarà premiato domenica 21 marzo, alle ore 11,  nel nosocomio teatino, dall’Associazione Culturale “22 aprile” in occasione della Giornata Mondiale della Poesia.

“Luca di Tizio scrive e lo fa a cuore aperto – spiega l’associazione in una nota – Lo abbiamo immaginato al termine dell’ennesima giornata sfiancante, coi nervi a pezzi e l’umore alle caviglie. Un lavoro che ha a che fare con la vita e con la morte, coi miracoli e con le tragedie, coi voli altissimi e con gli abissi.  In un momento tanto complesso, la poesia ritorna come lingua dell’indicibile, come tentativo estremo di tenere la parola viva e abbiamo scelto, nel rispetto della salute di tutti, di conferire il Premio in Ospedale, all’esterno, con una piccola cerimonia, coinvolgendo la Direzione Sanitaria. Auspichiamo che l’evento porti un poco di luce, in un momento tanto difficile.

“Il dialetto è uno strumento potentissimo per dar voce a quello che sente il cuore, nella maniera più spontanea e vera possibile – spiega Di Tizio – Questo componimento nasce così, per fare uscire fuori le emozioni più intense e forti che, da un anno a questa parte, il mio cuore, come quello di molti altri medici e infermieri, è chiamato a provare quotidianamente. La poesia descrive un particolare momento della nostra attività, quando noi rianimatori siamo chiamati in ospedale ad intubare pazienti, affetti da questa terribile polmonite, che purtroppo non riescono a respirare spontaneamente in maniera adeguata. Ci si trova a dover informare il paziente di un qualcosa di cui lui probabilmente ha sentito parlare solo in tv. Il momento è drammaticamente intenso per il malato che spesso, prima di essere addormentato per l’intubazione, avverte i suoi cari e li saluta, magari con una videochiamata. Noi medici e infermieri ci troviamo lì, in quell’attimo così commovente e, per rimanere freddi, cerchiamo di mantenere un distacco, quasi a sperare che si debba intervenire d’urgenza, senza dover dare spiegazioni. Invece il più delle volte non è così – prosegue – Questa terribile malattia ti lascia perfettamente lucido, anche quando non ce la fai più. E così devi spiegare, cercare di tranquillizzare, dare parole di conforto e speranza. Nel tuo cuore però c’è tristezza e preoccupazione. Sai bene che la situazione è molto grave e non sei sicuro che riuscirai a far tornare a casa questa persona. E allora, il distacco iniziale, volto a farti vivere la situazione nella maniera meno emotiva possibile, viene meno. Il dolore, la paura, la preoccupazione che il paziente vive in quel momento, diventa un tuo sentimento. Il malato non è più soltanto la persona che deve beneficiare della tua professionalità ma diventa l’uomo, il genere umano intero, solo, impotente e spaventato di fronte a questa terribile pandemia. E tu medico vorresti soltanto farti carico della sofferenza  di quest’uomo e rassicurarlo, dirgli che andrà tutto bene,nel modo più convincente possibile. Solo questo”.

SFIATÈTE

T’ ‘uard’ e nin tièng’ curagge…

Jì li diche, o aspètt’ ca z’aijàcce?

Accusci’, se z’aijacce cussú,

Ni’ jì li diènga di’ cchiú.

Mo’ jì li dìche…

“’Uard’ ca nin vè bbóne,

Stè jì ‘ccóme quéll’ ca zi véd’ a-la-télévisióne”.

E allór’ zi guardém’, ‘nghi uòcchie sbahuttìt’...

Éss’ z’a-pènz’ ca ormai zé-n’ha-jìte…

Jì diche: “Ma chi sti’ ddi’?!?, t’ fàcce sól’ arpusè,

Nin li vìd’ ca nin pu’ ‘rfiatè?”

Ma lu córe lé sè,

Ca fòrs’ custú,

Ha finít’-a-cambè.

LUCA DI TIZIO

Traduzione:

Ti guardo e non ho coraggio…

Glielo dico, o aspetto che peggiori?

Così, se peggiora questo qui,

Non glielo devo più dire.

Ora glielo dico…

“Guarda che non sta andando bene,

Sta andando come quanto si vede in televisione”.

E allora ci guardiamo, con occhi sbigottiti…

Lui pensa che ormai sia finita…

Gli dico: “Ma che dici?!?, ti faccio solo riposare,

Non lo vedi che non riesci a respirare?”

Ma il cuore lo sa,

Che forse costui,

Ha finito di vivere.

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